Come nasce un progetto editoriale di successo: la storia di FRIZZIFRIZZI

03/10/2017 | Digitale

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L’estate è ormai un ricordo, ma la voglia di viaggiare e scoprire le realtà innovative in Italia continua e così rieccoci di nuovo on the road! Oggi vi portiamo alla scoperta di Frizzifrizzi un progetto editoriale nato sul web, che in dieci anni di lavoro è diventato un punto di riferimento per creativi e appassionati di artedesignmodalibri. In questa intervista Simone Sbarbati, Co-fondatore e direttore di Frizzifrizzi, ci racconta come si passa dall’idea allo sviluppo di un progetto editoriale online.

1. Come nasce Frizzifrizzi?

Prima di Frizzifrizzi c’era Freshcut, nato come una rivista in pdf e poi trasformatosi in un blog dedicato principalmente a fotografia, illustrazione, grafica e segnalazioni su concorsi e opportunità per giovani artisti. Lo gestivamo io e la mia compagna Ethel (Margutti). Nel 2006, dopo un paio d’anni di attività, incontrammo Francesca (Arcuri). Grande appassionata di moda, ebbe l’idea di mettere assieme il suo know-how in quel settore e il nostro nella comunicazione via web e nell’attività editoriale. Da quell’incontro nacque Frizzifrizzi, che infatti, inizialmente, trattava soprattutto di moda.

2. Come è cresciuto il progetto dal 2006 a oggi?

Frizzifrizzi è cambiato molto in questi ultimi 10 anni: nella forma come nei contenuti, nel tipo di pubblico come nella percezione che quest’ultimo ha di noi. Abbiamo cominciato pubblicando post molto più brevi e leggeri, ispirandoci ai tanti progetti simili che, a livello internazionale, nascevano a metà anni 2000. Poi col tempo abbiamo cominciato a muoverci verso temi che a ciascuno di noi interessavano di più, dedicando più tempo alla ricerca e alla scrittura, instaurando con i lettori un dialogo virtuoso che continua ancora oggi.

Riceviamo molti riscontri: segnalazioni, opinioni, ovviamente anche critiche, ma quello che ci arriva quotidianamente, da chi ci legge, è essenzialmente tanto amore 🙂

3. Presentateci il vostro team?

Il nucleo centrale è formato da noi tre fondatori: Ethel MarguttiFrancesca Arcuri ed io. Ethel da qualche anno si occupa perlopiù del “dietro le quinte”, Francesca di moda, design e food, oltre a gestire il nostro canale Instagram, ed io grafica, illustrazione, fotografia, riviste indipendenti e ricerche d’archivio.

Negli anni abbiamo avuto tantissimi collaboratori, alcuni per lunghi periodi, altri meno. Per alcuni di essi Frizzifrizzi è stato un trampolino di lancio verso altre attività lavorative, dal giornalismo alle digital pr.

Continuano a scriverci in molti per collaborare con noi ma in tutti questi anni abbiamo capito che non abbiamo bisogno di tante “penne”, quanto piuttosto di autori che si riconoscano nello “stile Frizzifrizzi” e vengano percepiti come tali anche dai lettori. Al momento scrivono più o meno regolarmente su Frizzifrizzi la giovane Zazie Vostok, appassionata di albi illustrati, Sabrina Ramacci, grafologa e feticista di fanzine, Federico Demartini, ludolinguista, Augusto Maurandi, gallerista, direttore artistico e fotografo, Davide Calì, autore, fumettista e illustratore, Tommaso Bovo, designer e docente, Carlo Occhiena, designer, Francesco Liggieri, artista e curatore.

4. Dove si trova la vostra redazione? Lavorate in ufficio o da remoto?

La nostra è una redazione “diffusa”. Seguiamo il consiglio delle nostre nonne e facciamo il gioco dell’uva, «ciascuno a casa sua». Tante scrivanie lontane, unite virtualmente attraverso uno schermo.

5. Come organizzate la programmazione editoriale? Usate qualche tool per la gestione del lavoro?

Rispetto ai primi anni oggi lavoriamo più lentamente senza preoccuparci troppo di arrivare subito sulla notizia. Questo ci permette di organizzarci un minimo. Cerchiamo di far ruotare ogni singola giornata su uno, massimo due temi, con un “fil rouge”, talvolta più evidente, altre più sottile, a legare il tutto.

Non utilizziamo strumenti particolari, a parte qualche plugin (che cambiamo di continuo) per calendarizzare le uscite. Sui social programmiamo giorno per giorno, cercando di “tastare”, per quanto possibile, il polso dei lettori.

6. A quale target si rivolge Frizzifrizzi?

Il nostro pubblico è molto più femminile che maschile. Il lettore-tipo ha dai 25 ai 45 anni, abita in una grande città del Centro-Nord (Milano su tutte) e spesso lavora in ambito creativo. Tra quelli da cui riceviamo più feedback ci sono illustratori, fotografi, designer, insegnanti e studenti.

Non siamo né un magazine online di approfondimento né di quelli che pubblicano ogni genere di assurdità per raccogliere click. Non abbiamo mai inseguito la viralità. Agli amici dico sempre che vedo Frizzifrizzi come una cosa piccola e fatta con amore, e che mi piace sia e rimanga tale.

Quel che facciamo è mostrare e raccontare ogni giorno progetti, idee e prodotti che crediamo valga la pena di conoscere o che pensiamo possano servire da ispirazione — più spesso entrambe le cose assieme.

7. Mai pensato di creare una versione cartacea?

Ci hanno pensato in tanti al posto nostro. Nel senso che ce l’hanno chiesto spesso e continuano a chiedercelo. Ma la risposta è sempre la stessa: abbiamo il tempo, i mezzi e — buttando sul piatto le nostre capacità con la massima umiltà possibile — la capacità di fare una rivista su carta che aggiunga davvero qualcosa al panorama dell’editoria indipendente e, soprattutto, alla vita culturale dei potenziali lettori? Credo di no. E un semplice “porting” di Frizzifrizzi su carta non avrebbe senso.

8. Domanda da un milione di dollari: si guadagna da un progetto editoriale?

La risposta è molto, molto più bassa di quel milione di dollari 🙂 Sì, si può guadagnare da un progetto editoriale. Noi non facciamo molti compromessi quindi diciamo che, in questo senso, ci diamo benissimo la proverbiale zappa sui piedi da soli. Però un progetto editoriale apre le porte anche a tutta una serie di altre attività.

10. Quali progetti avete per il futuro di Frizzifrizzi?

A breve termine, programmare le prossime settimane.

A medio termine, magari cominciare a produrre qualche pubblicazione nostra.

A lungo termine, rimanere rilevanti, qualunque sia la piattaforma sulla quale ci troveremo a fare il nostro lavoro nei prossimi anni.

Ilenia Dalmasso

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