Se c’è un elemento che contraddistingue sempre più l’utilizzo dei social da parte delle aziende è senza dubbio la naturalezza, la “normalità” che accompagna le attività pro brand che qui quotidianamente trovano forma (e sfogo).
Nulla di più bello, sia chiaro. Ho sempre creduto nelle potenzialità di tali strumenti, nel loro essere “diversi” e offrire soluzioni comunicative uniche, orientate non solo alla sola finalità commerciale, ma alla creazione di un substrato reputazionale e relazionale che nel medio/lungo periodo può realmente fare la differenza.
Tutto bene quindi? Non proprio.
Se il marketing si perde per strada
Se è vero che le potenzialità citate sono tutt’ora presenti (seppur ridimensionate magari), lo è altrettanto che sono tanti i marchi che nella corsa sfrenata alle vanity metrics hanno, a mio avviso, perso lungo il cammino un elemento indispensabile e che giustifica (o almeno dovrebbe) la presenza dei brand sui social e le (tante) risorse investite: il marketing.
Mi spiego meglio. Siamo così certi che molto di ciò che viene pubblicato dalle aziende sui social, abbia una reale finalità concreta all’interno dei suoi obiettivi di business? E siamo altrettanto convinti che l’attività social porti a molte di queste realtà reale valore aggiunto?
Domande che forse non possono avere una risposta univoca, ma basta guardare la sfilata di post all’insegna del real time marketing per capire che un cortocircuito, seppur piccolo, c’è stato. Un esempio? Games Of Thrones. Durante l’ultima serie non c’è brand che non abbia fatto post su questa tematica. Ok fare newsjacking e cavalcare il trend, ma ho dei seri dubbi che un’azienda che fa bagni chimici o scarpe antinfortunistiche abbia un reale vantaggio a fare contenuti del genere. O meglio, ho dubbi che sia d’interesse per il pubblico di tali brand e che sia in grado di attivare quella relazione marchio-utente di cui parlavo prima.
Per ogni azienda che poteva, visto il settore, cavalcare GOT se ne potevano contare almeno 10 spinte esclusivamente dalla volontà di intrattenimento. E il marketing abdica.
Non dimentichiamoci che abbiamo dei destinatari
Un approccio volto a realizzare numeri “superficiali” o, peggio, a vincere premi o attrarre l’attenzione degli addetti ai lavori, non sempre potenziali clienti del brand.
Forse questa spinta all’intrattenimento ci ha fatto dimenticare una delle basi della comunicazione, anche social, si lavora a livello comunicativo avendo chiaro in mente i destinatari di quella comunicazione e le loro caratteristiche. Il post sui social non deve piacere né a me né all’AD del mio cliente, ma ai suoi potenziali clienti.
Come fare? È indispensabile focalizzarsi sugli utenti e sulle loro, più profonde, caratteristiche. Solo così potremo realizzare contenuti “Ingaggianti” nel senso più reale del termine.
Data-driven, un approccio, non una semplice parola
Fortunatamente oggi non mancano strumenti utili ad analizzare e avere dati complessi sulle persone con cui dobbiamo comunicare. Dati che diventano così driver per dar vita a strategie performanti (e vincenti).
Attenzione. Si sente ormai parlare troppo spesso di dati, ma ciò che spesso non viene considerato è che non è tanto questione di “collezionarli”, quanto la capacità di interpretarli e farne corretto uso.
L’approccio Data-Driven è la base su cui comprendere cosa fare e, soprattutto, come. Topic, copy, persino la parte creativa può ricevere feedback fondamentali per migliorare e diventare sempre più affine con gli utenti.
Oggi strumenti come BrandWatch o Talkwalker (utilizzati da noi in OpenBox) ci permettono di valutare caratteristiche e behaviours degli utenti prima difficilmente comprensibili, andando oltre percezione e preconcetti errati. Ma non basta. In molti casi tale approccio ci permette di valutare opportunità spesso poco visibili o, addirittura, di avere feedback lato product design, soffermandosi sulle peculiarità di cluster diversi e, proprio perché diversi, con cui comunicare in modi differenti.
La finalità resta sempre e solo una: generare impatto sugli utenti e conseguente valore (conversioni) per i brand, perché, mi costa dirlo, non si vive di sole vanity metrics.
Tornare al social media (marketing) si può e si deve fare. Siete pronti? Se la risposta è sì vi aspetto il 29 Ottobre nella Sala Social Media ai Digital Innovation Days 2020.
Matteo Pogliani
Partner & Head of Digital @Openbox