Sharing Economy: cos’è l’economia della condivisione

03/03/2018 | Digitale

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Se ci pensate, la Sharing Economy nasce da un paradosso. Come possono infatti convivere in uno stesso concetto la condivisione e l’economia? La prima è basata su un insieme, un gruppo di persone che utilizza in comune una risorsa, un oggetto, uno spazio. La seconda invece si basa sulla vendita, cioè la cessione di una risorsa per un determinato prezzo. Com’è possibile che due teorie economiche tradizionalmente agli antipodi si possano fondere in un unico pensiero? La risposta è semplice: nell’era digitale tutto è possibile. 

È infatti il digitale ad aver permesso la nascita di quella che possiamo definire “l’economia della condivisione”, quel modello a cui tutti possono aderire (a prescindere dalla professione o dalle proprie conoscenze in ambito economico) “con l’obiettivo di sfruttare l’efficienza della comunicazione hi-tech per risparmiare, per socializzare, per ottimizzare i consumi, per proteggere l’ambiente, per redistribuire il denaro o per instaurare comportamenti virtuosi” (definizione di Wired).

Quali sono gli obiettivi della Sharing Economy

Se andiamo ad analizzare la definizione di Wired, ci renderemo conto che la Sharing Economy nasce per motivazioni che vanno ben oltre la semplice volontà di guadagno. Ovviamente quest’ultima continua ad esistere, ma non è da sola.

  1. Innanzitutto, in un periodo in cui far parte del mondo social è come respirare, con la Sharing Economy si va incontro al desiderio di far parte di una community di cui ci si può fidare. E questo è possibile grazie alla cosiddetta “reputazione digitale”: la stessa per cui se fai il furbo o truffi qualcuno sarai bannato a vita, se invece sei affidabile riceverai recensioni positive che, in un moto circolare, ti porteranno altra fiducia in futuro (quindi altra possibilità di guadagnare o fare scambi).
  2. “Se non serve a me può servire a te” è un concetto che da una parte permette di dare agli oggetti inutilizzati una seconda vita, dall’altra aiuta a disfarsi delle cose che non ci servono più o a metterle a disposizione di altre persone nei momenti in cui non ci servono. Può essere allo stesso momento una fonte di guadagno per chi cede l’oggetto e un’importante fonte di risparmio per chi lo acquista.    
  3. in un periodo di crisi economica in cui per molti il mantra è la corsa al risparmio, la Sharing Economy aiuta e evitare di sprecare denaro e a ottimizzare i costi della vita.
  4. last but non least,  la tendenza delle nuove generazioni a essere più sensibili alle tematiche ambientali porta molta gente a cercare di mantenere uno stile di vita più sostenibile, evitando gli sprechi e cercando di inquinare il meno possibile. 

Gli esempi classici della Sharing Economy

C’è un ambito che prima di tutti gli altri è stato esemplare per l’avvento e la diffusione della Sharing Economy: quello dei viaggi. 

Le nuove generazioni sono sempre più abituate a condividere l’esperienza del viaggio, sia che si intenda un piccolo spostamento in città (è diffusissimo l’utilizzo di car sharing o bike sharing ormai presenti in molte città italiane, senza dimenticare esempi di app come Uber o Lyft), sia che si intenda uno spostamento più significativo (dalla condivisione del viaggio in macchina di BlaBlaCar a quella delle stanze libere della propria abitazione di Airbnb). 

Risparmio, esperienza condivisa, facilità nell’utilizzo sono gli elementi fondamentali che ci spingono a utilizzare queste nuove forme di economia.

Ma non serve spostarsi da un luogo all’altro per capire quanto la Sharing Economy possa inserirsi nella vita quotidiana delle persone: un esempio semplice ma efficace di economia della condivisione sono i gruppi di Facebook basati sullo scambio o sulla vendita. Ce ne sono centinaia, diversi per categoria o luogo di appartenenza. Hanno nomi tipo “vendo e compro a…” e, per le grandi città come Milano o Roma, la divisione avviene addirittura per quartieri. Il meccanismo è semplice, e si basa sul già citato “se non serve a me può servire a te”. La persona che vende si disfa di un oggetto che non le serve più, mentre quella che compra lo fa a un prezzo agevolato, risparmiando. Funziona soprattutto su beni di consumo il cui utilizzo si basa sul ricambio continuo, come l’abbigliamento o gli articoli per l’infanzia. Ovviamente oltre ai gruppi Facebook ci sono tutta una serie di piattaforme e app che funzionano sullo stesso meccanismo: da Ebay a subito.it o secondamano, fino a Depop, il cui claim, non a caso, è “ogni oggetto ha una storia da raccontare”.

Le Novità

Se condividere un passaggio in macchina con Blablacar o utilizzare un sito come subito.it per disfarsi di oggetti che non utilizziamo più è diventata ormai prassi quotidiana, è vero che ogni giorno nascono nuove app o piattaforme di condivisione sempre più strane e particolari.  Ad esempio Gardensharing, per chi non ha una stanza da mettere a disposizione ma un giardino; oppure Sailsquare, che connette chi ha voglia di provare l’esperienza della barca a vela (considerata da sempre un lusso per pochi) con chi ne possiede una e non vuole tenerla ferma per troppo tempo. Molte sono anche le app che fanno riferimento alla condivisione del cibo: da Olio a Gnammo, tante soluzioni per non sprecare la roba avanzata o per organizzare cene condivise. 

Ma è con TogetherPrice che si arriva alla apoteosi della Sharing Economy: la condivisione della condivisione. Cosa significa? Che tramite questa piattaforma potrete trovare persone con cui condividere tutti quei servizi che funzionano attraverso multi-account o multi-licenza (Netflix, Spotify etc…). Insomma, le vie della Sharing Economy sembrano veramente infinite. 

Per chi volesse saperne di più il sito ufficiale dell’Associazione Italiana Sharing Economy è http://www.sharingitalia.it.

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