Clubhouse, come funziona e come evolverà

02/03/2021 | Digitale

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Sette esperti del digital ci raccontano il social del momento

“Non basta che tu ci sia, ma che tu abbia qualcosa di rilevante da dire”. Potremmo racchiudere così, in queste poche parole, la natura e, perché no, il futuro di ClubHouse, il nuovissimo social network solo voce, creato da Paul Davison e Rohan Seth, che permette di creare “stanze” in cui conversare con gli altri utenti in tempo reale. Considerato un social “esclusivo” (si accede su invito ed è al momento disponibile solo su IOS), ha da subito registrato l’interesse dapprima degli Stati Uniti e poi di tutto il mondo. Lo sbarco di Elon Musk, il magnate americano di Tesla e SpaceX, non ha fatto altro che velocizzare il processo di diffusione negli altri continenti, facendo balzare l’app al secondo posto delle più scaricate su App Store nel giro di poche ore. Oggi l’hype attorno a questo nuovo social è cresciuto talmente tanto da farne quasi un fenomeno di costume.

Ma quanto durerà questa frenesia da Clubhouse? Quali sono le sue caratteristiche più interessanti? Come potrà evolvere? Lo abbiamo chiesto ad alcuni fra i massimi esperti del settore digital in Italia.

Una rivoluzione social

Clubhouse sta letteralmente cambiando le regole del gioco e della fruizione social. Per Giulio Nicoletti, CEO di Digital Innovation Days, l’evento nazionale dedicato al mondo digital e all’innovazione a 360°, “la novità di Clubhouse non sta soltanto nella scelta dell’audio come strumento di veicolazione del messaggio contrapposto ai contenuti visual e testuali degli altri social: è anche una questione di diversa modalità di consumo, che richiede attenzione, tempo, disponibilità a partecipare attivamente. Su Clubhouse non puoi scrollare velocementedevi esserci”. Della stessa opinione Cristiano Carriero, brand journalist, Digital Pr e Co-founder de La Content Academy, nonché curatore della collana Digital Marketing Pro di Hoepli, per il quale “è un social che ‘tecnicamente’ si usa in maniera diversa. Niente scroll, niente testa bassa, mani libere. Sembra una cosa di poco conto, non lo è. Perché anche questa è una piccola rivoluzione”.

Autenticità e networking, i punti di forza 

Tanti gli elementi di forza del social network. Secondo Esther Intile, event & account manager Ninja Marketing e grande utilizzatrice della piattaforma, “a differenza degli altri social, in cui l’esteriorità e l’immagine sembrano farla da padrone, ClubHouse è molto reale, autentico. Su questo social è difficile fingere: se hai davvero qualcosa di interessante da dire emergi, altrimenti se non hai nulla da condividere, oppure non rispetti i tempi, o non hai capacità di ascolto, il social diventa penalizzante anche per te”.

Autenticità è forse la parola che ricorre più frequentemente tra gli esperti. “Credo che il vero punto di forza di Clubhouse – continua Carriero – sia che finalmente ci troviamo davanti ad un social non delegabile. Mi spiego: mentre Facebook, Instagram, Twitter e altri sono demandabili ad altre persone, che possono filtrare e mediare la comunicazione, su Clubhouse non è così. La ‘faccia’ diventa la ‘voce’ e la voce è quella del giornalista, dell’imprenditore, del creator, dell’influencer. Questo principio, non modificabile, potrebbe renderlo – come visione futura – uno dei social più adatti per le PR”. E poi, c’è il networking, la possibilità di fare rete e di costruire relazioni. Gaetano Romeo, Growth manager, docente, direttore della collana “Digital Generation” per il gruppo Maggioli Editore, ci confessa come “superata una prima fase di scetticismo, ho capito subito che siamo in presenza di uno strumento molto utile per creare network, fare personal brand (quello vero e fatto bene), conoscere nuovi professionisti e creare nuove strategie e reti. Io personalmente ho lanciato una rubrica quotidiana che si chiama “facciamo networking” e mi confronto con colleghi, professionisti, persone interessate al mio lavoro”.

Il fattore tempo  

Se la piattaforma ha tanti punti di forza, non mancano quelli di debolezza. Fra questi, c’è certamente il fattore tempo: in una società che va a mille all’ora, ritagliarsi del tempo da trascorrere sulla piattaforma è un lusso per pochi. Luca La Mesa, Ambassador e SingularityU Italy Investor, social media strategist, premiato da P&G Alumni Global tra i “40 under 40” più meritevoli in tutto il mondo, si esprime proprio su questo aspetto: “È un social innovativo, ma che richiede molto più tempo degli altri anche solo per comprendere il tema che si sta trattando. Su LinkedIn, Facebook o Instagram bastano poche righe per capire se un tema ci interessa. Su Clubhouse dovremmo passare almeno 5/10 minuti in una stanza per capirne la discussione e se i contenuti sono interessanti”. Più critico Francesco Agostinis, digital strategist, Facebook ads Expert, Top 5 Semrush Web Marketing Influencers in Italia: “Riconosco la novità e la potenziale utilità del mezzo per il personal branding, ma allo stesso tempo il social è troppo legato agli utenti connessi, che sono sempre meno attivi in Italia. E poi è troppo time consuming“. Per non parlare della volatilità delle informazioni: quando una room si conclude, non c’è possibilità di salvarla né di riascoltarla in modalità asincrona. “Penso che vada bene – continua Agostinis – solo per chi ha tempo da perdere. Io invece investo del tempo e sinceramente mi pare sprecato se chi mi segue non può riascoltare quanto spiego o racconto”. Un conto è farsi una chiacchierata su argomenti leggeri, un altro è fare in-formazione o divulgazione. Eppure, il futuro di Clubhouse, come sottolinea La Mesa, sta proprio nella qualità dei contenuti.

Contenuti di qualità e ruolo dei creator 

“È innegabile – si sofferma Matteo Pogliani, Digital Strategist e Influencer Marketing Specialist, Founder dell’Osservatorio Nazionale Italiano di Influencer Marketing – come lo scenario odierno stia tornando prepotentemente a orientarsi sul contenuto, lasciando da parte quella fama e quella notorietà presi, negli scorsi anni, erroneamente come driver principali di influenza. Un trend acuito dalla pandemia e dal lockdown e dalla necessità crescente degli utenti di avere qualità, utilità, supporto. Per queste ragioni e dopo primi mesi di utilizzo penso che i creator, come nella quasi totalità delle piattaforme, siano elementi essenziali per la crescita di ClubHouse, riferimenti credibili e autorevoli con una forte propensione a comunicare. Ancor di più in un social dove la qualità è d’obbligo (se non hai niente di serio da dire difficilmente puoi “barare”) e dove, per ora, la presenza può essere solo personale. Credo che i creator saranno un traino indispensabile per ClubHouse, i “brand” che influenzeranno attenzione e impatto”.

Il futuro fra brand, business e valori

A proposito di brand, non sono poche le aziende che hanno fatto il loro esordio sulla piattaforma. Solo in Italia, il battesimo su ClubHouse è toccato a Parmigiano Reggiano, Ikea Italia, FC Internazionale, Peroni. Quest’ultima è stata protagonista della prima room brandizzata in Italia, organizzata da Ninja, in occasione della Festa di San Valentino: “All’interno della room – spiega Esther Intile – abbiamo commentato le campagne di marketing, compresa la loro, uscite in occasione della festività. È stata una occasione importante per ascoltare il pubblico e interagire con lui”. Unanime è l’opinione degli esperti su questo aspetto: il social è – e sarà – una opportunità per i brand per avvicinarsi ai consumatori e costruire con loro un rapporto più diretto ed autentico, ma allo stesso modo il social dovrà evolversi, trovando, anche da questo interesse dei brand, una spinta per crescere e monetizzare. “Avendo lavorato in passato in un social network – ci conferma Gaetano Romeo – ho capito subito che Clubhouse ha un modello di business abbastanza definito e quindi monetizzare sarà abbastanza semplice. Pensiamo ad un banner che appare, non dovrebbe dare fastidio a nessuno”. Dello stesso avviso La Mesa, che intravede a breve la possibilità di room a pagamento o sponsorizzate. Ma, ancora una volta, c’è un ma. Sarà una grande occasione per i brand, come conclude Carriero, “a patto che sappiano rispettare questo principio: poca intermediazione, molta trasparenza”. Ancora una volta, la differenza la faranno i valori, da trasmettere e condividere. Maggiore sarà la capacità dei brand e delle persone di far sentire la propria voce su argomenti e tematiche che i clienti hanno a cuore, maggiore sarà il ritorno, soprattutto in termini di reputazione. Nell’epoca dell’approccio human-to-human, Clubhouse può essere la piattaforma ideale per dedicarsi a questa attività e consolidare il proprio Social Media Value.

l futuro di Clubhouse, quindi? Sarà scritto da ognuno di noi, nella misura in cui saremo in grado di condividere contenuti interessanti e coinvolgenti, di intrattenere, di informare e, perché no, di educare. Ai posteri, anzi a noi, l’ardua sentenza.

Annalisa Nastrini
Content coordinator Digital Innovation Days

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